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La dittatura dei mercati e il sovvertimento dei partiti

Una volta la sinistra era quella del lavoro e dei lavoratori, del socialismo e del comunismo, oggi e quella dello ius soli e del decreto Zan, una sinistra perfettamente funzionale agli interessi dei mercati finanziari e del loro pensiero unico e politicamente corretto. La destra era il fascismo e poi nel dopo guerra i partiti che sostenevano gli industriali e comunque la fascia ricca della popolazione, oggi i valori di destra non piacciono ai mercati perchè sono contro il globalismo e per le nazioni, sono per la famiglia e contro la disgregazione sociale che piace tanto al globalismo.

Al tempo del covid19, io che sono cresciuto come comunista/socialista e che ho parteggiato sempre convintamente con la sinistra, mi trovo più d’accordo con le posizioni della Meloni di Fratelli d’Italia che con la sinistra tutta oltre il PD che ormai da decenni non è di sinistra ma è solo un partito liberista che difende l’èlite.

Ora non sono di destra, ma ormai neanche di sinistra, mi considero un sovranista che vuole uscire dall’euro per attuare la costituzione del 48, ma tra i partiti che sono in parlamento in questo momento gli unici che riesco ad ascoltare sono la Meloni e in genere quelli di Fratelli d’Italia, qualcuno della Lega come Borghi e Bagnai, ma soprattutto due usciti dal M5S GianLuigi Paragone su tutti e secondariamente la Sara Cunial. Partiti come il M5S e il PD dovrebbero sparire per aver ingannato le persone che li hanno votati avendo fatto il contrario di quanto promesso in campagna elettorale.

Cosimo Antonio Gervasi

CONTINUA LA PROTESTA PER I LICENZIAMENTI ALLA ESSELUNGA DI PIOLTELLO

Un gruppetto di cittadini si è organizzato per portare solidarietà ai lavoratoti licenziati, meglio che niente: Ci vorrebbe molto di più, che qualcuno che conta si prendesse cura di persone e famiglie che dietro licenziamenti e cattive condizioni di lavoro e purtroppo anche malpagati, si trovano a dover lottare contro poteri più forti di loro . Comunque ben vengano questi atteggiamenti di solidarietà che speriamo si moltiplicano anche in quantità e qualità.

AMMINISTRATIVE A PIOLTELLO: SCHIERAMENTI

Il municipio di Pioltello

Lasciamo perdere chi è percepita destra e chi sinistra, dipende da come i media vogliono caratterizzare gli schieramenti , perciò vediamo in pratica quali sono.

La sinistra si caratterizza dall’essere il partito dei lavoratori, falce e martello senza se e senza ma è rappresentato dal Partito Comunista di Rizzo.


La destra è quella nostalgica dei tempi che furono rappresentata Forza Nuova.

Tra queste formazioni troviamo il mondo liberale, quello delle èlite, del globalismo, del capitalismo dei banchieri, delle multinazionali, del pensiero unico e del politicamente corretto, delle sovrastrutture oligarchiche che comandano il mondo. In Italia comprendono tutto il cosiddetto arco costituzionale ma che la costituzione la hanno calpestata e umiliata.

Infine l’unica opposizione al partito unico , troviamo il mondo cosiddetto dell’antisistema, del sovranismo costituzionale, dei non allineati al pensiero unico, degli euroscettici. Il partito che maggiormente si sta apprezzando per visibilità e seguito è ” Italexit con Paragone no europa per l’Italia ” Nato appena la scorsa estate, lo troveremo alle elezioni di questo autunno per fare eleggere i primi rappresentanti.

Attualmente a Pioltello i candidati a sindaco sono solo tre: l’attuale sindaca uscente Cosciotti schierata con il centrosinistra, il centrodestra schiera Fina, il movimento 5 stelle schiera Dio. Si attendono novità per gli altri schieramenti.

Pioltello: solidarietà ai lavoratori in sciopero dal circolo Italexit di Pioltello

A cura di Italexit con Paragone circolo di Pioltello

Ci preme riscrivere questo articolo quando chi a portarlo avanti dovrebbero essere non i sostenitori di chi si è venduta la classe operaia, lo statuto dei lavoratori ed essendo nella stanza dei bottoni mai ha sprecato vere azioni a sostegno, ma solo vane parole che non hanno mai avuto conferme nei fatti.

Stiamo parlando di quell’agglomerato di politicanti che si fanno chiamare di centro sinistra ma che non sono altro che dei radical chic liberisti globalisti elitari che appoggiano senza condizioni i dettami del capitatilsmo più sfrenato e che i loro partiti stanno appoggiando l’uomo delle banche e dei poteri finanziari messo al governo come salvatore della patria ma che nei fatti ha iniziato a privatizzare dagli anni 90 e svendere i beni del nostro paese.

Con costante ciclicità gli scioperi di lavoratori che lavorano presso i magazzini di Esselunga si ripetono. Si tratta ormai di una lunga storia. Basti ricordare i momenti caldi del 2011, quando si scioperò per oltre due mesi.

Cosa ha fatto il comune di centrosinistra per aiutare le richieste dei lavoratori? Nulla se dopo anni di lotta ci si trova sempre in condizioni peggiori.

Di chi è la responsabilità? Sicuramente oltre che dei padroni dell’azienda che devono inseguire il profitto per poter competere con i loro pari, non sono esenti da colpe i governi che si sono succeduti in questi ultimi trenta anni, dei sindacati principali che invece di curare gli interessi dei lavoratori pare che pensano di più a quelli delle imprese ed infine dei politici locali che si guardano bene dall’indispettire i potenti che operano sul territorio pioltellese.

Oggi scioperare è difficile, anche se ancora non è stato tolto il diritto di sciopero, ormai qualsiasi azione nociva anche se pacifica alla ditta o alla popolazione, viene repressa per cui più che manifestare in un angolo senza nulla nuocere ( del tipo canta che ti passa) non può essere messa in opera. Purtroppo le conquiste degli anni dei partiti comunisti e socialisti quando esisteva la sinistra sono andati persi proprio a causa della svendita di coloro che si dicono eredi ma che non lo sono poichè hanno cambiato dna ora non sono altro coloro che difendono diritti civili di minoranze ma a livello di diritti sociali stanno con la grande finanza, tantè che si dichiarano liberisti. Per cui i lavoratori devono sapere che centrodestra e centrosinistra mai difenderà se non a parole i lavoratori. Dare solidarietà come se si facessero gli auguri di buon compleanno non servono se poi si solidarizza con i padroni, si mandano le forze dell’ordine per mettere in riga gli scioperanti e non si alza un dito per aiutare sulle ragioni della protesta.

Italexit è un nuovo partito che ha meno di un anno di vita, vuole uscire dall’euro e dall’unione europea per attuare la costituzione, nel programma vuole ambire alla piena occupazione cosi come recita la costituzione e lo stato deve rimuovere gli ostacoli affinchè ci si arrivi
Piena Solidarietà ai Lavoratori ma anche sostegno alle idee per il lavoro a tutti, un lavoro dignitoso e un lavoro giustamente retribuito

a cura del Circolo Italexit con Paragone di Pioltello

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PIOLTELLO: ELEZIONI AMMINISTRATIVE 2021 IPOTESI DI LISTA SOVRANISTA POPOLARE COSTITUZIONALE

Nel corso degli ultimi anni, si può dire dalla fine della Prima Repubblica ad oggi, sia su scala nazionale
che nel piccolo di ogni comune, si è assistito ad un continuo mescolamento di persone tra i vari gruppi
politici con cambi di schieramento tra una consultazione e l’altra, una volta con le liste di centro destra
l’altra con quelle di centro sinistra. La causa di questi cambi è dovuta principalmente al fatto che ormai
il pensiero di stampo liberale è riuscito ad uniformare i programmi e le aspettative di tutti i movimenti
politici presenti sul panorama elettorale. L’interesse per le questioni sociali è quindi venuto meno, in
favore di un interesse personale verso un ego politico e l’interesse crescente delle grandi élite
finanziarie.
Ormai ad ogni tornata elettorale si rinnovano le consuete promesse di mastodontici progetti per
migliorare la vita dei cittadini. Spesso queste promesse sono completamente irrealizzate o
irrealizzabili. Pur volendo progettare e realizzare opere, che siano esse edili, stradali, culturali, socio
– ricreative, o semplici progetti per la garanzia dell’occupazione nel territorio, negli ultimi anni si
riscontrano non poche difficoltà visti i continui tagli di fondi ai comuni, viste pure le molteplici chiusure
di alcune aziende/attività e quindi una riduzione dei gettiti fiscali nelle casse dell’ente pubblico.
La politica nazionale dei tagli ai fondi dei comuni è dovuta a politiche economiche, ormai
comunemente definite di austerità, che sotto la “benedizione” dell’Unione Europea, non permettono
di elargire denaro agli enti in maniera da soddisfare tutti i bisogni delle comunità. L’aggiunta della
disposizione di pareggio di bilancio in Costituzione ha quindi ridotto le capacità di spesa e di
finanziamento delle opere delle pubbliche amministrazioni, risulta quindi difficile promuovere
investimenti per la realizzazione delle iniziative indispensabili alle locali popolazioni.
Dato che tutto, oggi giorno, è divenuto concorrenza e competizione l’attuale classe politica e dirigente
è stracolma di arrivisti e carrieristi che ambiscono a raggiungere posti autorevoli ma scordano la verità
per cui sono stati eletti dal Popolo. Quindi tutto diventa una manifestazione, tutto diventa esternazione
di ego personale, tutto diventa merce messa in mostra. Molti ormai lavorano durante le loro legislature
come se fossero in una perenne campagna elettorale per acquistare il consenso che li spingerà sempre
più in alto. Loro da un lato e le persone che credono di veder esauditi i loro desideri, ma è solo un
mondo di luci e colori che crea illusione.
Da un punto di vista più macroscopico, quindi a livello nazionale, proponiamo il rigetto di tutte le
politiche sociali, economiche, finanziarie prodotte dalle leggi di Bruxelles e per farlo occorre quindi
uscire dall’Unione Europea. Tutto questo per far tornare al centro dell’ordinamento la Costituzione
così come stilata nel 1948 e non più le normative europee che non collimano con essa. Il principio di
libera concorrenza, il principio di privatizzazione dei servizi essenziali, il principio per cui tutto e
business e non servizio non è concepito dalla nostra Carta Fondamentale. Al contrario, questa impone
la centralità dello Stato nell’erogazione e nell’ottimizzazione di tutti gli aspetti che riguardano la vita
sociale e lo sviluppo dell’economia.

Pioltello: ReOpen apre pagina facebok

“Questo è un attacco frontale alla Costituzione, è necessario far sentire la nostra voce, scendere in piazza e riprenderci i nostri diritti”. Clemente Pintus con ReOpen vuole risvegliare le coscienze e chiede ai cittadini di ritrovare lo spirito di partecipazione, “solo così – spiega – possiamo provare a venir fuori da questa situazione”. Il primo appuntamento è fissato per domenica 20 dicembre nelle piazze di Milano, Firenze e Reggio Calabria: “Proveremo a contarci e a capire dove possiamo arrivare, l’obiettivo è quello di coinvolgere tutta Italia. ReOpen è aperto a tutti i cittadini e ad ogni categoria, l’Italia è in ginocchio e intere fasce di popolazione sono alla fame. Dobbiamo reagire”.
Critico rispetto alle scelte del governo, Clemente Pintus ribadisce l’importanza di un ritorno alla normalità: “Non ci serve l’elemosina, non ci servono gli spiccioli, vogliamo lavorare. Questi provvedimenti sono illogici, siamo sotto dittatura”. E aggiunge: “Manca la corretta cronaca di quello che sta succedendo, manca la democrazia”.

Ecco il link della pagina facebook di Pioltello:

https://www.facebook.com/ReOpen-Pioltello-104030911604594

PIOLTELLO : PER LE AMMINISTRATIVE IL “ITALEXIT CON PARAGONE” L’ALTERNATIVA AI PARTITI DEL CAPITALISMO

NO EUROPA PER L’ITALIA – ITALEXIT CON PARAGONE

È il partito di chi vuole liberare il nostro Paese dalla gabbia dell’Unione europea e della moneta unica. Gli italiani si meritano
un’Italia forte, libera e indipendente, che recuperi la propria sovranità e sia di nuovo capace di autodeterminarsi. Di fronte
al fallimento del neoliberismo e della globalizzazione sfrenata, ora più che mai è necessario un radicale cambio di paradigma.
C’è da cancellare gli effetti nefasti degli ultimi trent’anni di politiche antipopolari e ricostruire una società all’insegna dei
diritti e dei valori della nostra Costituzione. Queste sono le nostre parole d’ordine per un’Italia che si desti dal torpore e
sappia affrontare le sfide dei tempi a venire. Sarà una strada dura, ma con l’aiuto di tutti ce la faremo. Riprendiamoci l’Italia!

RECUPERARE LA SOVRANITA MONETARIA

La sovranità monetaria è la base dell’indipendenza di una nazione: un Paese che sceglie di rinunciarvi sceglie di mettere il proprio futuro nelle mani dei “mercati”, cioè dei grandi potentati finanziari. Come dimostra la crisi profondissima in cui versa il Paese da anni, senza sovranità monetaria l’Italia non sarà mai in grado di rimettersi in piedi. Al recupero della sovranità monetaria si deve aggiungere una rivoluzione copernicana nel concepire la finanza pubblica. Questa non può più essere as-
servita a vincoli arbitrari stabiliti da entità sovranazionali prive di legittimità democratica, bensì deve porsi una serie di obiettivi concreti da raggiungere. Solo con una politica monetaria e fiscale al servizio delle esigenze della società italiana, la spesa e gli investimenti pubblici diventano funzionali a una prospettiva di crescita e sviluppo. Nella consapevolezza che un Paese in possesso della sovranità monetaria non deve preoccuparsi della carenza di denaro ma soltanto di impiegare al meglio tutti i fattori produttivi, è essenziale, perché lo Stato possa farsi realmente strumento per la realizzazione dei bisogni e delle ambizioni del nostro popolo, sia lasciarsi alle spalle una fiscalità opprimente e invasiva, sia perseguire con nettezza le forme peggiori di evasione e ricostruire la progressività dell’imposizione fiscale.

RESTITUIRE AGLI ITALIANI CIO CHE E LORO

A fare la fortuna dell’Italia nel secondo dopoguerra fu il connubio della piccola e media impresa con le banche pubbliche,
la grande industria di Stato e la pubblica amministrazione (istruzione, trasporti, sanità ecc.). Negli ultimi decenni tutte queste
realtà faticosamente costruite con soldi pubblici – cioè con la ricchezza di tutti – sono state progressivamente privatizzate.
Persino dei monopoli naturali come la rete autostradale e le reti energetiche sono stati smembrati e consegnati nelle mani
di spregiudicati “prenditori”, che ne hanno ricavato rendite e profitti a scapito della qualità e dei costi dei servizi, dunque a
scapito di tutta la collettività. È ora di restituire al popolo ciò che è suo, riportando questi settori sotto il controllo pubblico.

SEGUE

UN PIANO DI RINASCITA INDUSTRIALE

Il nostro Paese deve tornare a essere un’orgogliosa potenza industriale, che scommetta su qualità e innovazione per compe-
tere efficacemente sul piano internazionale. Allo Stato spetta un ruolo da protagonista in questo processo, non soltanto at-
traverso partecipazioni dirette al nuovo tessuto produttivo ma anche sostenendo adeguatamente il sistema della ricerca che
traina l’innovazione tecnologica. È importante chiarire che l’espansione dell’industria pubblica è anche il presupposto di un
settore privato dinamico e competitivo: non è un caso che storicamente sia stata la politica industriale a determinare un si-
gnificativo indotto “a cascata” sulle piccole e medie imprese, facendo da volano anche agli investimenti privati. A questo
scopo è inoltre necessario snellire gli oneri burocratici a carico delle aziende e dei professionisti, mettendo a disposizione
delle imprese un sistema efficace che si lasci alle spalle inefficienze e cavillosità amministrative. Più in generale, bisogna ri-
partire dalla consapevolezza per cui il tessuto produttivo di un Paese può fiorire solo laddove lo Stato intervenga per creare
un circolo economico virtuoso, anche attraverso la promozione della piena e buona occupazione e il sostegno alla domanda
interna.

PER LA SOVRANITA ALIMENTARE

Proporre un modello alternativo alla globalizzazione sfrenata significa innanzitutto contrastare la logica mercantilista che
distrugge la domanda interna e impone alle nostre aziende di rivolgersi al mercato estero. Questo fenomeno è particolar-
mente evidente nel settore primario: le eccellenze enogastronomiche che il mondo ci invidia sono diventate negli anni sem-
pre meno ordinarie sulle tavole degli italiani. Sono state rimpiazzate da prodotti di bassa qualità e materie prime importate
che, non dovendo sottostare a regolamenti e controlli, strozzano gli agricoltori e gli allevatori nostrani e li costringono a una
competizione al ribasso che non si può e non si deve sostenere. Un’Italia che voglia davvero dirsi sovrana deve essere in
grado di garantirsi la sovranità alimentare. Cosa che naturalmente non significa rifugiarsi in un’anacronistica autarchia, bensì
sostenere le imprese del settore e far sì che gli italiani siano i primi a poter beneficiare dei frutti della propria terra.

LAVORO PER TUTTI

Impossibile? Solo se si crede che il lavoro sia solo quello creato dal settore privato. Ovviamente quest’ultimo ha un ruolo cruciale da giocare in un’economia dinamica, ma i processi di automazione e di robotizzazione implicano che saranno sempre meno i lavori che il settore privato sarà in grado di offrire. Dobbiamo dunque rassegnarci alla disoccupazione o al massimo a ricevere un reddito di sussistenza dallo Stato? Assolutamente no. Infatti non solo siamo drammaticamente a corto di organico nei tradizionali settori pubblici, in particolare sanità e istruzione, ma esistono un’infinità di lavori potenziali – e as-
solutamente necessari – da creare nei campi della riconversione ecologica, dell’urbanistica, delle infrastrutture, dell’assistenza sociale oltre che nei nuovi distretti industriali da lanciare. Va da sé che molti di questi lavori, poiché richiedono cospicui in-
vestimenti che non garantiscono utili monetari nell’immediato ma offrono grandi “utili sociali”, può crearli solo lo Stato. Una buona e piena occupazione è possibile ed è necessaria allo scopo di rilanciare la domanda interna, ripristinando il circolo virtuoso fra pubblico e privato che è stato distrutto dall’ideologia neoliberista.

SEGUE

I CONFINI NAZIONALI,

BALUARDO DELL’AUTODETERMINAZIONE

I confini nazionali sono qualcosa di imprescindibile per la definizione stessa di Stato: averne un controllo capillare non può
che essere una priorità per una politica degna di questo nome. La regolazione dei flussi migratori è necessaria innanzitutto
per tutelare la coesione sociale di un Paese. Se è vero che nei momenti di crescita un’immigrazione – ben modulata – costi-
tuisce una risorsa preziosa, non c’è dubbio che durante le contrazioni del ciclo economico questa possa innescare drammatiche
conseguenze sociali. Vale poi la pena soffermarsi su una riflessione: sebbene uno Stato d’arrivo che disponga della sovranità
monetaria abbia tutti gli strumenti per garantire la piena occupazione e possa trarre il massimo profitto dal processo migra-
torio, gli Stati di partenza rimangono comunque piagati dal dramma dell’emigrazione di massa. Questi Paesi, perlopiù vittime
del giogo neocoloniale, vengono in questo modo depauperati dell’unica ricchezza rimasta a loro disposizione: i giovani.
Oggi la lotta per l’autodeterminazione dei popoli passa proprio attraverso il controllo dei confini, esercitato nei confronti di
merci, persone e capitali. Gestirli accuratamente non significa solo salvaguardare le identità e le culture nazionali, ma vuol
dire soprattutto difendere l’insindacabile diritto di tutti gli uomini di poter vivere nel proprio Paese. Al controllo dei confini
deve accompagnarsi l’impegno per la massima integrazione possibile degli stranieri che lavorano nel nostro Paese, a tutela
sia degli immigrati che della costruzione di un mercato del lavoro trasparente e non duale, coerente con l’obiettivo della
piena occupazione.

SULLA SALUTE NON SI LUCRA

È prioritario invertire la rotta del processo ventennale di smantellamento del Servizio sanitario nazionale (SSN). Bisogna dire
basta a esternalizzazioni, privatizzazioni e sovvenzioni alla sanità privata per rilanciare con vigore quella pubblica. Va ripri-
stinato il diritto a cure gratuite di alta qualità per tutti i cittadini su tutto il territorio nazionale, non solo come sacrosanto
principio etico e costituzionale ma anche come necessità di sicurezza nazionale. È proprio di fronte alle emergenze infatti
che si manifesta tutta l’importanza di un sistema di salute pubblica, vera spina dorsale su cui si regge l’intera società.
A tutto questo si deve affiancare una riflessione più ampia circa gli innumerevoli impatti sulla salute di un sistema che ha
messo per troppi anni il profitto davanti a ogni altro valore. Fra le tante scelte figlie di questa logica che rischiano di rivelarsi
nocive per l’interesse comune, ne è emersa soprattutto una negli ultimi anni: l’adozione acritica da parte del nostro Paese
delle infrastrutture telecomunicative 5G. Una scelta sconsiderata e imprudente che fa scempio di qualsivoglia principio pre-
cauzionale sia in termini di salute pubblica che di collocazione geostrategica. Altra questione cruciale e volutamente esclusa
dal dibattito politico è quella dell’obbligatorietà vaccinale: temi di questo calibro non possono essere risolti solo attraverso
le imposizioni di uno scientismo ideologico e totalitario, dietro al quale spesso e volentieri si nascondono grandi interessi
economici. Su questo così come su altri temi delicati bisogna rilanciare una sana dialettica che sappia coinvolgere l’opinione
pubblica in una riflessione aperta sugli aspetti scientifici, giuridici ed etici di queste tematiche.

SEGUE

UN APPROCCIO RADICALE ALLA CRISI AMBIENTALE

La crisi ambientale che stiamo affrontando a livello planetario è una delle conseguenze più disastrose della globalizzazione
sfrenata. Per uscirne occorre adottare nuovi paradigmi che scalzino il dogma economicista e riportino al centro il benessere
collettivo, prestando particolare attenzione alla salvaguardia di tutto il patrimonio naturale, da quello paesaggistico a quello
boschivo, in modo da poterlo tramandare alle future generazioni. Coniugare le esigenze ecologiste a tutela dell’ambiente
con quelle sociali a tutela del lavoro è una sfida complessa che può essere affrontata soltanto da uno Stato che disponga
della sovranità monetaria. Serve quindi sviluppare una visione strategica lungimirante e pianificare una politica industriale
che porti alla costruzione di un innovativo tessuto produttivo che sia realmente ecosostenibile. Mentre oggi il costo dell’im-
prorogabile transizione ecologica viene regolarmente scaricato sulle spalle delle fasce più fragili della popolazione, occorre
acquisire la consapevolezza che questo rinnovamento in chiave verde può rappresentare, anche attraverso un vero e proprio
piano del lavoro ambientale, il volano per rilanciare uno sviluppo finalmente sostenibile che traini la crescita e migliori dav-
vero le condizioni di vita di tutti i cittadini.

OLTRE LA UE,

PER UNA REALE COLLABORAZIONE EUROPEA

È ormai sotto gli occhi di tutti come il processo di integrazione economica europea, lungi dal promuovere «un’unione sempre
più stretta tra i popoli dell’Europa», abbia enormemente acuito le divergenze intraeuropee, causando una diffusa devastazione
sociale e fomentando sentimenti di rivalità tra Stati che non si vedevano dai tempi della seconda guerra mondiale. Questo
rappresenta un ostacolo alla cooperazione multilaterale tra Paesi europei su temi cruciali quali la geopolitica, la gestione
dei fenomeni migratori e la questione climatica. Abbandonare la moneta unica non comprometterebbe questo tipo di coo-
perazione; al contrario, mettere i singoli Stati nelle condizioni di poter tornare a operare nell’interesse dei cittadini rappresenta
la conditio sine qua non per il rinnovamento del progetto europeo su basi radicalmente diverse, cioè sulla libera cooperazione
tra i popoli d’Europa fondata sul rispetto delle prerogative sovrane e democratiche di ciascun Paese. Solo in quest’ottica è
possibile reimmaginare l’Europa come uno spazio di pace, di cooperazione e di democrazia, ma anche di rispetto della plu-
ralità e della diversità delle varie comunità nazionali e dei vari sistemi economici e produttivi.

“Gli italiani si meritano

un’Italia forte, libera
     e indipendente,

che recuperi la propria
       sovranita’ e sia

di nuovo capace di
autodeterminarsi.”

Gianluigi Paragone

PIOLTELLO: IPOTESI PRESENTAZIONE LISTA “ITALEXIT CON PARAGONE” ALLE AMMINISTRATIVE 2021

Italexit con Paragone no Europa per l’Italia è un nuovo partito creato dal senatore Pierluigi Paragone.

A Pioltello abbiamo formato un circolo locale di persone a cui piace Paragone come leader politico ed entusiasti dell’obiettivo principale l’uscita dall’euro e dall’unione europea.

Il programma politico si strutturerà sulle linee della costituzione italiana di cui la piena occupazione rappresenta il baluardo.

Essendoci le elezioni comunali a breve, ci siamo ripromessi di prendere in considerazione l’ipotesi di presentare una lista dedicata.

Il circolo Italexit di Pioltello

UNA SINISTRA DIVERSA (SOVRANISTA) FINALMENTE C’È

Un’altra Sinistra in Italia c’è. In fondo c’è sempre stata. Sotterranea, invisibile, silenziosa, quasi sempre ammutolita dalla fanfara della “sinistra radicale e di governo” che ha annichilito per anni dibattito, analisi e prospettive.
Si, la sinistra c’è ancora. Ed ha anche molte cose da dire.

Prima di tutto contro l’euro e i trattati europei, una proposta politica alternativa nei fatti e nella sostanza alle ormai melliflue, inutili e sterili posizioni alla “sel” o alla “rifondazione”.
Una parte importante della sinistra italiana si è finalmente svestita dei panni logori di quell’europeismo inconcludente, ma soprattutto funzionale agli interessi delle classi dominanti che, per troppi anni, ne hanno fatto solo un’appendice inutile e blaterante del PD.

Ci si smarca da quella sudditanza ideologica che potremmo definire del “governismo fine a sé stesso” che, almeno se non nelle parole, ma nei fatti, purtroppo, ha caratterizzato le linee politiche dei partiti della sinistra italiana per un lungo periodo storico.

Periodo storico cruciale fatto di svolte epocali senza precedenti. In altre parole, fatto di appuntamenti a cui la sinistra italiana non solo è mancata, ma dalla quale è uscita con le ossa rotte.

Il fallimentare esperimento della “sinistra arcobaleno” e, soprattutto, le fallimentari (eufemismo) esperienze dei “governi Prodi” sono state per la prospettiva di cambiamento in questo paese una clava inesorabile che ha condannato ampie fasce della società all’abbandono e alla disperazione. Abbandono e disperazione che la crisi del 2008 non ha fatto altro che acuire, favorendo un grave, pericoloso e inarrestabile arretramento dei diritti e delle tutele sociali nel nostro paese.

La sinistra italiana ha sprecato anni e anni, non riuscendo ad elaborare niente di più se non il vuoto slogan “partito di lotta e di governo” che poi, nei fatti, non significa niente, se non il supino piegarsi alle oligarchie del nostro paese ed europee. Ha sprecato opportunità e consumato capitale umano e culturale in maniera imperdonabile, tradendo in definitiva quella che è la sua funzione storica, la sua stessa raison d’etre, irrinunciabile: prospettare un’alternativa sistemica.

L’abbandono dell’anticapitalismo (processo storico peraltro incominciato negli anni ’70 con la svolta del “compromesso” con la Dc) ha decretato tutta una serie di sconfitte e di arretramenti sul piano dei diritti e delle conquiste sociali, sul piano del radicamento e dell’autonomia politica necessarie all’elaborazione di una proposta politica realmente alternativa e convincente. Con il crollo del “comunismo” sovietico, nel 1989, la sinistra è rimasta intrappolata sotto le macerie del socialismo reale, scivolando inesorabilmente dal riformismo “bertinottiano” al “governismo fine a sé stesso”, per giungere, nei fatti (e mai a parole, sic!) all’anti-anticapitalismo filoeuropeista. Un processo degenerativo che oggi, con l’iniziativa di Firenze, sembra essersi arrestato e che fa sperare in un’inversione a 360 gradi.

Oggi, con la situazione disastrosa in cui versa l’Italia, con la crisi mondiale galoppante che affonda nazioni e popoli, diritti, benessere, ambiente e cultura, una sinistra realmente capace di analisi e proposta politica non solo è necessaria, ma vitale.
La posizione “no-euro” non è uno slogan e non è un “salto nel buio” (come molti vorrebbero far credere), un’analisi stringente della realtà economica e sociale del nostro paese, individuano nell’euro un nemico del benessere del nostro popolo, ma anche lo strumento attraverso cui il capitalismo finanziario assoluto che governa il mondo impone le sue politiche e le sue regole. (A questo proposito è anche necessario sottolineare il valore aggiunto rappresentato dalla recente opera di divulgazione compiuta da tutta una serie di illustri economisti italiani che hanno permesso alla discussione e al dibattito politico di questi anni di acquisire maggiore forza non solo scientifica, ma anche politica).

Ecco: dire no all’euro, significa innanzitutto dire no al capitalismo selvaggio che sta distruggendo 150 di diritti acquisiti, immolandoli sull’altare della competitività, del mercato e della finanza.

Per il nostro paese, un’uscita dall’euro da sinistra, rappresenterebbe il primo passo verso la vera indipendenza, verso la costruzione di un modello sociale alternativo che faccia da esempio, in Europa e nel mondo.

Per fare questo passo, l’Italia ha disperato bisogno delle gambe su cui camminare: un movimento politico capace di cementare il blocco sociale nazionale che si opponga allo strapotere delle oligarchie finanziarie e bancarie che, svendendo il patrimonio del nostro paese, deturpando la democrazia, cancellando de facto la Costituzione Repubblicana del ’48, sta trascinando l’Italia verso un nuovo medioevo sociale.

Lasciare in mano alla destra il tema della sovranità nazionale (e monetaria) è stato un errore madornale a cui bisogna porre rimedio in fretta, perché è solo a partire da questo tema che la sinistra può davvero proporre un’alternativa complessiva credibile.

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Nessun soggetto politico è alternativo se non prevede 1) l’uscita dalla gabbia dei mercati 2) la recessione dei trattati europei

Solo ai sordi e ciechi, forse nemmeno, è chiaro che tutto il mondo è schiavo dei mercati, ossia del capitale e che nessuna nazione può sottrarsi pena il castigo. La sovranità popolare, la libertà e la democrazia ha un prezzo perchè il capitale ossia il liberismo ha vinto. Tutti i soggetti che non prevedono i due punti del titolo ossia  1) l’uscita dalla gabbia dei mercati 2) la recessione dei trattati europei non solo sono soggetti liberisti, ma non sono alternativi di niente. Nel liberismo che ormai va avanti da parecchi anni non è possibile una politica ridistributiva, non è possibile una riconversione ecologica dell’economia, non è possibile reclamare diritti che non siano quelli liberali, ingiusti, ineguali e divisivi che mettono il popolo gli uni contro gli altri. Un soggetto che vuole essere alternativo a questo sistema deve essere anticapitalista quindi porre come primo obiettivo la lotta al liberismo che è il nemico principale perchè è iniquo anti democratico e di fatto nega le libertà in un mondo in cui il capitale sottrae tutte le risorse e schiavizza per concedere le briciole necessarie per vivere. l’obiettivo è raggiungibile solo e soltanto sottraendosi alla schiavitù dei mercati del capitale, in modo che non possono nuocere, in modo che non possono castigare con gli embarghi economici. Una soluzione potrebbe essere quella di creare una federazione di stati che ha come intento quella di liberarsi e creare un mercato alternativo ma diverso e non capitalista liberista, qua entra il concetto di sovranità nazionale la unica che potrebbe stoppare la globalizzazione e la libera circolazione dei capitali. Per cui la vera alternativa al liberismo non può che essere la sovranità dei popoli che mette in primo piano il bene delle persone attraverso i diritti al lavoro e quindi al salario, alla salute, all’istruzione, alla redistribuzione dei poteri e alla democrazia, contro la politica dell’accumulo del denaro, della ricchezza dei pochi e della concentrazione del potere ormai nelle mani dei grandi potentati economici.

Il secondo obiettivo per chi ha firmato i trattati europei è uscirne non potendosi liberare senza avere i vincoli liberisti che di fatto hanno annullato la costituzione. Anche qui non c’è altra via dove la lotta al capitalismo e al liberismo si può ottenere con la rescissione dei trattati e dichiarare la sovranità del popolo attraverso l’attuazione della costituzione.

Indubbiamente chiunque non ha come obiettivi i due punti non ha alternative, ma è la continuazione e la conservazione di un mondo capitalista e liberista.

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